Alla vigilia della prima edizione del BiowinExpo, Enrico Rivetto e Daniele Marco Nori ci raccontano il perché della loro scelta bio
Quello del vino biologico è un mercato di nicchia eppure tutti, almeno una volta nell’ultimo anno, ne abbiamo sentito parlare o letto un articolo a riguardo. Perchè tanta attenzione mediatica verso questo settore?
Alla vigilia del primo evento in Svizzera interamente dedicato ai vini bio – cui parteciperanno, col supporto organizzativo di Ideazione, 7 produttori piemontesi – abbiamo cercato di trovare una risposta a questa domanda. Ci siamo rivolti prima alle statistiche, poi a due produttori del consorzio di promozione I Vini del Piemonte che, per ragioni diverse e con diverse tempistiche, hanno deciso di intraprendere la strada del biologico.
È un mercato di nicchia si, ma dalle grandi e, soprattutto, veloci potenzialità di crescita! Questo è il primo dato su cui vale la pena soffermarsi. E a maggior ragione in Italia che, secondo l’analisi Wine Monitor Nomisma su dati Fibl, con i suoi 83 mila ettari di vite coltivati con metodo biologico, ha il primato mondiale per incidenza di superficie vitata biologica (l’11,9% della vite coltivata è bio).
I dati Sinab, poi, testimoniano come, da diversi anni a questa parte, in Italia le superfici coltivate con metodo biologico stanno aumentando costantemente. In particolare nel 2016, le superfici vitate bio hanno segnato un aumento del 23%.
La ragione del costante aumento dell’offerta di vini bio è certamente da ricondursi ai dati relativi al consumo, anch’essi in crescita: è quanto emerge dall’articolo de La Repubblica, dal titolo più che mai significativo “Vola l’export di vino bio”, che riporta i dati di un’indagine Wine Monitor Nomisma realizzata in occasione del VINO BIO DAY per ICE.
Secondo l’indagine, 1 italiano su 4 nel 2016 ha avuto almeno un’occasione di consumo – a casa o fuori casa – di vino biologico e la percentuale è in continua crescita (nel 2015 era pari al 21% e, solo nel 2013, il 2%). Nel 2016 le vendite di vino biologico hanno raggiunto complessivamente 275 milioni di euro, registrando un +34% rispetto al 2015.
Per noi che da anni supportiamo produttori e consorzi vinicoli a esportare i propri prodotti all’estero, i dati maggiormente interessanti sono indubbiamente quelli relativi all’export.
Infatti se il mercato interno considerando tutti i canali, vale il 30% del totale (83 milioni di euro, +22% rispetto al 2015), la fetta più grossa del giro d’affari complessivo è realizzata sui mercati internazionali: 192 milioni di euro, con un’impennata del +40% rispetto al 2015 (a fronte di un più tenue +4% dell’export di vino totale).
L’export di vino biologico italiano pesa per il 3,4% sul totale dell’export di vino dall’Italia, ma il trend è in continua crescita (1,9% nel 2014 e 2,6% nel 2015), grazie anche a una forte propensione all’export delle aziende bio: presso le aziende italiane intervistate, l’export di vino bio “pesa” per il 70% sul fatturato complessivo (contro una propensione all’export del 52% del comparto del vino italiano nel complesso).
Nel 2016, si legge ancora nell’articolo de La Repubblica, il 79% delle aziende che producono vini biologici ha esportato la qualità e l’eccellenza del vino italiano fuori dai confini nazionali.
E così hanno fatto, e intendono continuare a fare, anche Daniele Marco Nori, dell’Azienda Agricola Castagnero di Agliano Terme (AT) e membro del CdA de I vini del Piemonte, e Enrico Rivetto, titolare dell’Azienda Agricola Rivetto di Sinio (Cn).
In attesa della certificazione il primo, certificato dal 2013 il secondo, ci accompagneranno alla scoperta delle motivazioni che li hanno spinti ad intraprendere questa strada.
I perchè sono, ovviamente, diversi… tranne uno, che entrambi sottolineano forte e chiaro: non per moda!
Daniele, da quando la vostra azienda produce vini biologici?
Posso dire da sempre! La nostra è un’azienda a conduzione familiare. Noi produciamo vino secondo il metodo che usava mio suocero: non usiamo concimi di sintesi, facciamo il compost con le foglie dell’autunno e per la vigna usiamo zolfo e rame unicamente a scopo preventivo. Per le ragioni spiegate prima, è stato naturale scegliere di seguire questa strada e non di sicuro per moda. Una strada tra l’altro non facile da mettere in pratica al giorno d’oggi, essendo circondati da aziende che non lo fanno e che utilizzano sostanze, come i farmaci di sintesi, incompatibili con la nostra scelta.
La certificazione europea: un passo importante per i vini biologici?
A mio avviso questa certificazione rappresenta di sicuro un buon punto di partenza ma potrebbe essere migliorata. Ad oggi infatti certifica il processo di produzione e non il prodotto. Da un punto di vista commerciale è sicuramente molto utile per chi vuole vendere alla GDO ma, per chi, come noi, soprattutto all’estero, si rivolge a piccoli importatori, al cliente finale o a enoteche quello che conta davvero è la sostanza. Finora abbiamo incontrato importatori molto aperti ed interessati ad ascoltare la storia della nostra cantina e dei nostri vini: più che se hai o no la certificazione vogliono sapere cosa c’è effettivamente dentro al tuo vino.
In quali mercati esportate i vostri vini?
La nostra storia export è recente: abbiamo iniziato a esportare nel 2012. Abbiamo trovato i nostri importatori in Olanda e in Svezia proprio grazie all’attività de I Vini del Piemonte durante gli eventi all’estero organizzati con Ideazione. Abbiamo notato che in Nord Europa l’interesse per il biologico è molto alto ma, ripeto, più che alla certificazione al consumatore finale interessa che i vini non siano “pasticciati”. Sono molto attenti a ciò che bevono. La strategia vincente è raccontare i propri vini, spiegare il processo produttivo, cosa fai e soprattutto invitarli in cantina: così possono vedere in prima persona che non ci sono “scheletri nell’armadio”!
Quello del biologico è un fenomeno in crescita, qual è la tua opinione a riguardo?
Credo che all’inizio sia nato da una maggiore consapevolezza dei consumatori, da una maggiore attenzione verso ciò che si mangia e allo stile di vita. Poi è diventato una moda. Ora credo che siamo tornati di nuovo alla fase della consapevolezza: chi sceglie i prodotti bio lo fa perchè vuole essere sicuro di quello che mangia e…beve!
Enrico, da quando la vostra azienda produce vini biologici?
Abbiamo iniziato il processo di conversione nel 2009, i terreni sono certificati dal 2013 mentre l’uva dal 2016. La certificazione è importante per chi come noi esporta in Nord Europa: per il monopolio e poter partecipare ai tender, infatti, è richiesta. Ci tengo però a sottolineare che la certificazione è appunto un attestato cartaceo mentre per essere veramente produttori biologici bisogna fare prima di tutto una conversione… mentale!
Perché hai deciso di intraprendere questa strada?
Ovviamente la spinta per me è stata mentale: il desiderio di far compiere all’azienda un salto evolutivo. Volevo sì produrre vini buoni e di alta qualità ma volevo farlo nel rispetto del terreno. Per questo ho deciso di intraprendere questa strada. Sottolineo anche che non è per il mercato, e neanche per moda, che ho fatto questa scelta: i vini li vendevo anche prima. Inoltre avrei potuto prendere la certificazione anche prima ma ho voluto fare delle sperimentazioni prima di intraprendere il percorso della certificazione, che, come sai, disciplina in maniera molto dettagliata le sostanze e le lavorazioni che possono essere utilizzate. In questo senso limita un po’ le possibilità di fare delle sperimentazioni.
In quali mercati esportate i vostri vini?
Nei mercati classici di esportazione dei vini delle nostre zone: Stati Uniti, Nord Europa, Asia, Australia e Nuova Zelanda. Parteciperemo a ottobre al BiowinExpo di Montreux: è la prima volta che partecipiamo ad un evento dedicato esclusivamente ai vini biologici. Siamo molto curiosi e le aspettative verso questo mercato sono alte!
Quello del biologico è un fenomeno in crescita, qual è la tua opinione a riguardo?
Nei paesi civilizzati, come il Nord Europa, o in Italia, dove l’attenzione verso l’alimentazione e il cibo è alta, è naturale che il consumatore sia più attento e consapevole. Credo che siamo arrivati al limite per questo i consumatori sono sempre più sensibili. Noi nel nostro piccolo stiamo cercando di fare un passo ulteriore oltre al biologico: stiamo sviluppando un progetto di biodiversità aziendale. L’obiettivo è la creazione di un organismo agricolo che non sia solo vigna, del resto così si faceva 70 anni fa. Siamo molto orgogliosi di questo progetto e di sicuro vi terremo aggiornati!